Le miniere di calamina

Il più grosso bacino minerario a zinco della Bergamasca, denominato “distretto minerario di Gorno”, comprende i giacimenti della Val del Riso e quelli della Val Parina, che furono gradualmente integrati in un solo grande polo estrattivo, completato da uno stabilimento di trasformazione sito in Ponte Nossa.

Il Monte Arera contiene decine di chilometri di gallerie minerarie, che traforano la montagna a partire dalla quota di circa 600 metri slm fino ad oltre i 2000 metri. Le miniere attraversano i monti Grem e Arera, passando sotto le aste fluviali delle valli Parina e Vedra, fino a sfiorare la Val Carnera, ai piedi del Menna.

I principali minerali estratti furono Calamina e Blenda, oltre a tracce di Galena, da questi si ricavavano Zinco, Piombo e piccole quantità di Argento.

Lo studio di queste cavità artificiali è di grande interesse storico e fa parte integrante delle tipiche attività di ricerca a carattere speleologico. Buona parte delle ricerche viene comunque effettuata a tavolino, consultando le pregevoli cartografie eseguite a partire dalla fine del 1800.

 

Note storiche

Sembra certo che già nell’antichità l’attività mineraria fosse esercitata stabilmente in questi luoghi, forse addirittura fin dai tempi della dominazione romana. Tra la seconda metà dell’ottocento e l’inizio del novecento i progressi tecnici permisero di estrarre ed impiegare massicciamente questi minerali.

Dalle antiche tecniche di foratura a mano con mazza e fioretto si arrivò ai perforatori pneumatici, i primordiali sistemi di demolizione della roccia tramite sbalzi di temperatura (riscaldamento con fuoco e immediato raffreddamento con acqua) furono sostituiti dalla polvere pirica prima e dalla dinamite poi. Il minerale estratto, prima trasportato a spalle da ragazzi e donne (le famose “taissine”), cominciò a viaggiare su vagoncini trainati prima da animali e, infine, da potenti motori elettrici. Anche i trasporti all’esterno vennero affidati a moderni sistemi di teleferiche.

Speciali pale meccaniche ed efficienti sistemi di aerazione contribuirono ulteriormente a rendere meno faticoso e più sicuro il lavoro dei minatori

Si tramanda ancora il ricordo delle grandi sfide industriali e finanziarie tra le maggiori compagnie che avevano le concessioni di estrazione: la Modigliani, la Crown Spelter Co. Ltd. (Inghilterra) e la Vieille Montagne (Belgio).

Nei decenni del secondo dopoguerra fu intrapresa la realizzazione di imponenti opere: la grande galleria di ribasso Riso-Parina lunga una dozzina di chilometri, un enorme pozzo profondo 340 metri in Val Vedra, le immense camere di coltivazione e nuove gallerie di ricerca, talvolta usando tecniche minerarie d’avanguardia.

Nonostante questi massicci investimenti, all’inizio degli anni ’80 fu decisa la chiusura definitiva di tutti gli impianti di estrazione, perché ritenuti antieconomici.

La concorrenza di altri paesi, che riuscivano ad estrarre ed esportare zinco a prezzi nettamente inferiori, causò il tramonto di una tradizione industriale ancora molto radicata nella memoria collettiva delle popolazioni locali.

 

 

Ribasso Riso – Piazzarossa, miniere di Gorno.

(Fotografia A. Corna - Archivio G.S.B. le Nottole)

 

 

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